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fiume della vita

domenica 5 maggio 2013

UN SORRISO MALGRADO L'INSONNIA,OVVERO L'IMPROVVISO DELLA FOGLIA DI FICO



" Exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor" -Sorga qualcuno dalle nostre ossa come vendicatore (Virgilio)


Era stata lunga la notte per Karina. Quasi che il tempo avesse deciso di giocare con lei a nascondino facendo sue le ore del riposo rubate a Lethe.  Aveva scritto alla luce di una lampadina  piccola fissata alla cappa del fornello, proprio come faceva  quando stava in collegio. Anche allora il sonno tardava a venire, sebbene  i motivi fossero diversi da quelli che stava vivendo nel momento presente. Aspettava trepidante che la "maestra" responsabile della camerata si fosse ritirata nel suo baldacchino fatto di tende bianche e trasparenti, e che diventasse da ombra ondeggiante a manichino steso, per tirare  fuori il quaderno da sotto il cuscino e, scrivere vorace ma con le orecchie puntate a ogni più piccolo rumore.  Il silenzio era fatto di tanti respiri che lei non sapeva distinguere se in essi ci navigasse la vita tranquilla o dei turbolenti singhiozzi che legassero  tutti quei respiri.     Karina si perse a inseguire le circonvolute di quel ritmo strano e irregolare, ma così guizzante nella memoria da permetterle di di viverli proprio come fosse in quel tempo là.  Con un colpo secco ma ben azzeccato come si può dare a una mosca che volteggia tra la testa e gli occhi, diede addio alla bimba un  poco lady alla corte dei miracoli, un poco Janny dei pirati, per ritornare alla notte passata.   Il silenzio era fatto solo dello sfrigolio discontinuo della sua penna sul foglio del quaderno, trattenuto a fatica sul tavolo della cucina.  Ogni tanto uno scroscio di pioggia diceva alla sua penna che non era sola a raccontare i pensieri, le storie.  Da lontano il tuono minaccioso brontolava che anche lui presto sarebbe arrivato a scompigliare tutto quel l'idillio portando paura ma col finale di una fragorosa risata.   Perché tutto sommato la paura sta tutta nell'immaginario e nulla più.  Un sospiro nella realtà, ecco. Come per tutto.  Il sonno sarebbe arrivato nella notte appresso, con la sua benefica perdita di coscienza, l'altalena si sarebbe fermata, ferma come uno stoccafisso dopo le emozioni del volo alto, del volo basso, perché anche gli estremi si stancano per ogni tensione provata e procuratasi, pur permanendo nella tensione il principio del  piacere. Quello del "sentire" più che di conoscere i meccanismi che creano il piacere.

C'erano state tante cose da elaborare del giorno passato e, per capire, Karina  le doveva fissare su un pezzo di carta.           Le aveva fatto impressione una testa raccolta fra delle braccia arrotolate come un utero oblungo sul tavolo .    Aveva conosciuto quella testa quando ancora era audace, forte, ma  piuttosto cocciuta, scorbutica, rude sino alla durezza, ma coraggiosa e dritta nell'orgoglio per aver condotto una vita semplice ma onesta.  Perché lui fu sempre parco nel  suo vivere e alieno da ogni eccesso quanto generoso e  altruista verso chi aveva bisogno.    A Karina faceva un gran male vedere quella testa in quella posizione abbandonata da sembrare rassegnazione au bout della vita nel presagio imminente del suo compimento.    Karina ne aveva l'immagine scansionata negli occhi, e stava male. Ne aveva preso su di se la sua sofferenza,  il rifiuto a non leggere più i giornali, a ignorare la politica, a bandire dalla sua testa ogni accenno di musica o di pensiero.   Lui che era stato così attento a tutto ciò che accadeva nella vita reale, ora non ne voleva sapere più, voleva essere libero di NON pensare. Libero di mettere la testa sul tavolo, libero di urlare, libero d'essere un selvaggio fra i "civili". Ecco quell'uomo che lei aveva tanto stimato per tutto il caldo che trasmetteva al suo passaggio, ora non scaldava più.  Era diventato freddo, freddo come di marmo su cui non passa mai il sole e lei ne aveva provato una compassione infinita, ma anche paura. Una paura come di "vita cosciente" che distrattamente se ne va lasciando in cambio meno dolore a chi gli sopravvive..

La fotografia lasciata sul cellulare con relativa informazione di prossima "fine di carriera" di un'altra persona, valorosa per la sua professionalità, e a lei cara per lunga amicizia senza scalfitture, le strisciò a saetta  dal basso dei piedi sino a su dove si congiunge il cuore alla memoria.    Riguarda con dolcezza la foto.    L'amico porta un berretto con visiera. Lui che non ha mai amato i berretti in vita sua, ora l'ha in testa.  Gli sta bene però.   Karina lo associa al valore che ha sempre un  eroe quando vince la sua battaglia stando sul campo.  "Des malheurs de shaque ètre  est un douleur  palpable,meme un repoussement a mouri"   si sentenziò da sé la donna con un poco di malinconia.

La fede semplice ma profonda  di una donna dell'Est che si accingeva a preparare un cesto pasquale da portare al Pope, l'aveva scossa sino alle lacrime, ma si era limitata a guardare senza dire una parola.

Anche uno spettacolo rinviato ha turbato l'animo sensibile della ragazza.  Per un poco ha fatto anche delle ipotesi sul perché, poi è passata oltre scegliendo la scrittura  rubata al sonno

 Karina ha visto il primo sole entrare dentro la  tazzina o cafè.  Si stiracchia.  Si alza, scosta la sedia e s'avvicina alla tendina che dà sulla veranda.  Schiaccia il naso sul vetro.  Lo sente tiepido come l'umido che le scende sulle labbra e che lei lecca come fa sempre quando qualcosa di familiare le gira attorno come cosa buona.

Una voglia d'assaggiare il prato la prende come un antico male al quale ha fatto l'abitudine, come la dermatite sul braccio sinistro che ha contratto qualche anno fa, forse proprio a causa di un insetto. Mette fuori la faccia stropicciata.  L'aria ondeggia invitante e misteriosa. .  Karina ora può godere di una felicità ritrovata. Persino i pensieri sono volati via. Spariti nella regione del nulla che porta a godere solo dello stato che si ha.   Non pensa perché come mai  il suo viso è rigato dalle lacrime, e neppure vuole saperne le ragioni che l'hanno fatta piangere, come non vuole sapere il perché della tristezza che ha provato nel giorno di ieri, nella notte che l'ha seguito e trascorsa a scrivere in cucina.    Sente l'erba sotto i piedi.  E' fredda in alcuni punti, quasi umidiccia, ma in altri è calda.  Si siede dove il caldo promette la continuità.   "Beata allora che il piede spinto, al varco leteo, più grata riede" canticchia inventandosi la  melodia e una vita perfetta.   Accarezza le foglie che le si fanno incontro, odora le rose trovate in un cespuglio, calpesta delle margherite, gratta con l'unghia la corteccia di un albero verde di linfa, si lascia delicatamente percuotere dal vento che le scompiglia i capelli e si sdraia.   Per farlo fa presa prima con la punta dei piedi alzandoli come la ballerina in quello spettacolo che non ha mai dimenticato, poi allarga le dita come una papera. . E' a terra ora. Incrocia le gambe. Ha raccolto un fiore giallo cresciuto spontaneamente nel prato  e lo tiene in bocca.   Pensa  "Ne debbo raccogliere un bel mazzo, così ne farò un'infusione e farò tanta pipì".   Si distrae per aver visto un'ape intenzionata di brutto a venirle addosso. Corruga la fronte e subito la spiana.  L'ape è andata altrove. Il caldo ora l'avvolge come il vello d'una pecora..  Un dettaglio si presenta vivo nella memoria del cuore, lasciato su un pezzo di carta, scritto d'impulso e trovato in un portafoglio smesso da almeno  tre anni, trovato sempre nella giornata di ieri e intenzionata a ripescato per le sue piccole dimensioni  

Per me era naturale
farti da foglia di fico là
dove si rigenera la vita
eppure TU la inchiodavi 
quella mano
quasi a volermi ricordare
che la croce arriva
al centro del più  bello
e lì ti aspetta 
con le sue braccia aperte
nell'invito a soffrire per crescere
per perdonare quando tutto svanisce
 e non importa più

Ride Karina pensando a quel l'eroe cui l'io ci ha sempre aderito per vocazione profonda d'anima, poi subito   si rannuvola come quel sole che ora è stato oscurato da una nuvola..    Sente freddo e rapida si alza mentre il sorriso le tiene ancora compagnia.   Nel ripercorrere la varietà dei fatti del giorno, aveva trovato anche quel filo di noia che sicuramente l'avrebbe  guidata a  Lethe con un sonno benefico quanto rigeneratore.....

Mirka


"Come spiegarti" (-Milva)
 

10 commenti:

  1. Quanti incipit su cui meditare e riflettere! L'inquietudine dell'insonnia,le malattie superate o meno,i passaggi che precedono l"'oltre", la Fede forse nella speranza di possederla un giorno,l'eros che è vita con l'ombra della morte, Lethe che si riaffaccia donando l'agognato oblio,Milva che canta ricordando che il tempo lascia sempre qualche cicatrice insieme alla bellezza che l'ha accompagnata. Tutto molto bello,tutto importante e prezioso.Un grandissimo abbraccio, Nicola

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    1. Grazie carissimo NICOLA importante sicuramente lo è stato per me perchè ancora una volta il "tutto" mi ha inchiodato sull'attimo fuggente. Ma se questo fosse stato l'incipit anche per qulcun' altro ben venga questo post e sempre un'Evviva malgrado l'insonnia.Abbraccio,Mirka

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  2. Tutto è sfida cara Mirka e non c'è modo di sottrarvisi ne di salvarsi,se non accettando la malinconia che segue o precede ogni finale. Nell'intelligenija che si rifiuta d'appartenere ai fantasmi, nel rifiutare les "pays" con più ombre che sole, liberi di non essere in alcun luogo e felice di non pensare più. Un post bellissimo pieno della tua dolcissima ironia con caffè senza l'aggiunta di zucchero.F.

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    1. Si F. ironia dolce solo di sè. Grazie col cuore.Mirka

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  3. I fatti del giorno portano a pensare,a elaborare,a "scegliere" di "non" pensare,a un "dettaglio" che ridà la vita a un ricordo trasformandolo in creatività,l'abbandono all'inconscio che ristora con l'oblio. Tutto influenza la nostra psiche e anche il nostro corpo,rubandoci la preziosità del riposo (sonno). Ma tutto si può superare,anche la malattia,e il decadimento che ne consegue sempre che li si accetti come qualcosa che ci appartiene. Certo ci sono malattie che portano alla morte ma questo è un discorso a parte. Con tutto si cresce. Anche dalle disfunzioni che hanno portato a perdere il sonno. Un caro abbraccio.Salvatore

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    1. E' verissimo caro SALVATORE.Tutto è mezzo di conoscenza con un retrogusto di mandorla bruciata che,se fa crescere da una parte dall'altra seleziona senza soffermarsi sull'ombra del fantasma.Grazie infinite per la cara presenza che circolarmente abbraccio.Mirka

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  4. La camaleontica giornata di un'insonne che si arricchisce invertendo l'ordine delle cose e ritrovando il senso primario da cui partire Sempre stimolante..Enrico S.

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    1. Pare che,per i viandanti le inversioni di rotta sian o le "varianti" obbligate,caro ENRICO al quale auguro un buon giorno e altrettanto per la notte nella tranquillità del sonno.Mirka

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  5. Hai ragione quando finisci col dire "tutto è noia". Negli affanni,che finiscono,nella varietà che illude perchè allontana dal centro di se stessi. Tu sai quanto io sia un solitario e rifugga dalle molte parole che confondono perchè sanno di falso.Solo la natura continua ad esercitare su di me il suo fascino misterioso e consolatorio perchè con la sua ciclicità muore e rinasce. L'amore anche quando si manifesta nell'eros è si una forza potente pur nelle mille trappole il cui conto arriva forse con molto anticipo anche sulle nostre piccole certezze. Mi piace questo post e...rifletto.Grazie.G.M.

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    1. La solitudine per scelta è autentica forza interiore carissimo G. che abbraccio senza null'altro aggiungere e per "scelta" condivisa.Mirka

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